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Rawls, luck egalitarian?

L’ostacolo più grande che bisogna superare per mostrare che Rawls non fa ricorso alla principio di giustizia luck-egalitarian è spiegare il ruolo delle considerazioni Rawlsiane sull’arbitrarietà dei talenti naturali.

Quello che battezzo “principio di giustizia luck egalitarian” afferma che se una diseguaglianza è dovuta a fattori moralmente arbitrari, allora è (almeno ceteribus paribus) ingiusta.

Chi legge Rawls come un luck-egalitarian ritiene che Rawls insista sul punto che le diseguaglianze dovute a talenti naturali di nascita sono moralmente arbitrarie perché egli intende argomentare che sia giusto eliminarle (almeno ceteribus paribus).

Ovviamente nel fare ricorso a tale argomento, Rawls deve fare appello a una premessa normativa, facilmente identificata con la premessa secondo cui se una diseguaglianza deriva da fattori moralmente arbitrari allora è ingiusta, e come tale (almeno a parità di condizioni) dovrebbe essere eliminata.

Chi non accetta tale premessa deve spiegare perché Rawls parla dell’arbitrarietà morale dei talenti. Questo implica fornire una spiegazione coerente del principio normativo che collega fattori moralmente arbitrari e giustizia, e del ruolo che svolge nell’argomento a favore dell’Eguaglianza Democratica.

La mia interpretazione è la seguente:

Nell’argomento del paragrafo §12 di Una Teoria della Giustizia, a Rawls interessa mostrare solo  che  le diseguaglianze sociali che derivano dalle differenze naturali tra gli uomini non sono giustificate in virtù del tipo di fattori da cui derivano.

L’argomento in cui tali considerazioni svolgono un ruolo parte da una premessa che non è vitale per Rawls, ma che lo è per i potenziali oppositori dell’Eguaglianza Democratica, ad esempio coloro per i quali l’Eguaglianza Liberale rappresenta una concezione adeguata della giustizia.

Si tratta della premessa secondo cui se una diseguaglianza non è dovuta a fattori moralmente arbitrari, cioè se essa è meritata, essa non può essere considerata ingiusta. Tale premessa è comunemente ritenuta intuitivamente plausible. Assumiamo a scopo di argomento che chi più si sfoza di ottenere qualcosa, a parità di altre condizioni, merita di più di ottenerla. Come potremo concere, allora, che le diseguaglianze che derivano esclusivamente da differenze di sforzo siano ingiuste?

Nel passaggio da tale premessa a tale conclusione, facciamo implicitamente appello al principio generale in base a cui le diseguaglianze sono meritate, quindi non derivano da fattori  moramente arbitrari, esse non possono essere considerate ingiuste. Questa è l’unica premessa che riguarda l’arbitrarietà morale a cui Rawls fa riferimento, quando si occupa del problema dell’arbitrarietà morale delle abilità e dei talenti.

Si tratta di una premessa diversa, e assai più debole, di quella secondo cui se una diseguaglianza non è dovuta a fattori di merito (cioè se essa è dovuta a fattori moramente arbitrari) allora essa è ingiusta.

Le due premesse sono diverse in quanto in una è l’arbitrarietà morale è una condizione necessaria, e nell’altra è una condizione sufficiente della giustizia.

Condizione sufficiente:

se D è una diseguaglianza dovuta a fattori moralmente arbitrari (ovvero, se X è immeritata) allora D è ingiusta

Condizione necessaria:

se D è ingiusta, allora D è dovuta a fattori moralmente arbitrari (ovvero, X è immeritata)

La condizione necessaria serve come premessa a coloro che sostengono che le differenze dovute ai talenti naturali sono giuste. Infatti essi argomentano così:

Se D è ingiusta, allora D è dovuta a fattori moralmente arbitrari

Ma D non è dovuta a fattori moralmente arbitrari (ovvero D è meritata)

Quindi D non può essere ingiusta

Essi ritengono che le differenze tra talenti naturali siano meritate (cioè non siano moralmente arbitrarie), e quindi le diseguaglianze che dipendono esclusivamente da tali differenze non possono essere ingiuste. Quindi difendono l’Eguaglianza Liberale, nella quale le differenze di opportunità riflettono le differenze di talento e le deviazioni dagli esiti distributivi di tale schema di opportunità vengono considerate ingiuste a meno che non siano pareto efficienti.

Rawls concede la premessa del loro argomento che concerne il rapporto tra arbitrarietà morale e giustizia, perché ritiene di poter mostrare facilmente che nessuno merita un talento di nascita diverso da quello degli altri.

Una condizione necessaria non è una condizione sufficiente. La condizione necessaria  non esclude che le diseguaglianze che derivano da fattori moralmente arbitrari, cioè che sono immeritate, possano essere giuste (ad esempio possono essere giuste quando derivano da uno schema che esprime una concezione appropriata della reciprocità). Quindi Rawls non è luck-egalitarian, manco di striscio.

Due interpretazioni dell’eguaglianza democratica

A ben vedere, sono possibili due interpretazioni alternative delle ragioni alla base dell’interpretazione del secondo principio come eguaglianza democratica. Secondo la prima interpretazione, alla base del secondo principio di giustizia vi sarebbero due concezioni fondamentalmente diverse di ciò che rende le diseguaglianze giustificate:
1. la non dipendenza da fattori moralmente arbitrari
2. la reciprocità, cioè il vantaggio per entrambe le parti interessate alla spartizione del prodotto comune, rispetto a una posizione iniziale di eguaglianza.
Secondo la seconda interpretazione, l’unico principio che giustifica è quello della reciprocità. In base a tale interpretazione la riduzione del peso dei fattori moralmente arbitrari (sebbene auspicabile dal punto di vista del principio di riparazione) non sarebbe altro che un effetto collaterale di strutture sociali che sono tenute a soddisfare vincoli morali di tipo essenzialmente diverso.
E voi, per quale interpretazione propendete?